31.8.12

Francia, il dilemma del gasolio

"Il primo ed unico motore è Dio, essere vivente ed eterno." 
Diderot

Premessa: la Francia nel 2012 ha dovuto importare sul territorio metropolitano il 99% del petrolio che raffina. Il picco raffinazione dei carburanti è comunque del 2007: da quell'anno 'la Francia è in riserva', prima o poi il punto di rottura del traffico merci porterà il paese all'(improvviso) incidente socio-economico e necessariamente alle rivolte (quest'anno: 80 assassinati, di cui 14 per mezzo di un kalashnikov, solo nei quartieri popolari ed ex-operai di Marsiglia, primo porto petrolifero mediterraneo). 

Osserviamo il grafico a lato, dell'UFIP (associazione petrolieri e raffinatori francesi). I francesi non hanno dimenticato la Bibbia o Diderot... hanno solo rimpiazzato il divino con il diesel.
La situazione energetica del paese transalpino è tutt'altro che rosea: si sono messi in un cul de sac senza uscta che si chiama "dipendenza da gasolio". 
Vent'anni fa la Francia smetteva di essere autosufficiente per quel che riguarda il gasolio: all'incirca dal 1992 (!) il paese non arriva più a raffinare abbastanza a livello nazionale da coprire la domanda. Per le benzine l'anno della svolta è invece il 1995, quando anche per questo tipo di carburante la Francia ha smesso di essere autonoma. Nel frattempo pochi investimenti su nuove raffinerie e nessuna nuova apertura, anzi un paio di raffinerie hanno chiuso i battenti perchè da tempo operavano in perdita. 
Dagli anni '90 anni molto altro è successo: una buona notizia è che oggi i francesi consumano la metà della benzina rispetto al 1992 e da quest'anno la Francia ne è diventata addirittura un esportatore netto! Invece la brutta notizia è che il consumo di gasolio è aumentato in maniera costante a fronte di uno stallo e poi addirittura un collasso della capacità di raffinazione. Ad oggi la Francia importa quasi un terzo del gasolio che consuma e raffina MENO di vent'anni fa. A medio termine l'output di gasolio raffinato dà zero (2019): i petroli sul mercato hanno sempre più di rado caratteristiche adatte alle raffinerie francesi ed i margini quasi nulli stanno portando il settore alla deriva. Unica soluzione è la copertura dei mancati guadagni da parte dello stato centrale... che purtroppo è il più indebitato in Europa (dopo l'Italia) e già non riesce più a finanziare scuola e sanità: come la prenderanno i cittadini quando davvero dovranno pagare due volte per il poco carburante rimasto? 
Il dilemma del governo in questi mesi è tragicamente il seguente: 
  a. blaterare di ecologia e futuro elettrico ed intanto cavalcare gli ultimi studi sulla pericolosità ambientale e sanitaria del gasolio per bandirlo con un piano di uscita di scena preciso e cadenzato (al solo annuncio i camionisti darebbero fuoco massivamente alla Francia)
  b. parlare solo di economia, lasciare quindi che i prezzi alti distruggano via via la domanda intervenendo volta per volta a calmierare i prezzi ove possibile (qua e là verrà dato fuoco alla Francia, come è tradizione ormai almeno dal 2005)
Personalmente non so cosa sceglieranno, resta il fatto che camion elettrici o a pannelli solari ma anche a gas naturale non solo non ne esistono ora ma non ne esisteranno mai, migliaia di camionisti falliti, impazziti, denigrati abbandonati dalle mogli e senza denaro per andare almeno a prostitute diventeranno capi di corpuscoli criminali di vario genere e se tra vent'anni di gasolio ne resterà ancora sarà riservato a camionette di militari e (pochi) trattori. 
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30.8.12

La Crisi (infinita) tra negazione ed accelerazione

"Negli scacchi non esiste una strategia che garantisca la vittoria.
 L'assenza di strategia garantisce invece il 100% di probabilità di perdere. 
Allo stesso modo funziona la vita." 
Garry Kasparov 

Dell'Europa di oggi posso parlare a ragion veduta: ho visitato undici* stati europei negli ultimi undici mesi, oggi 30 agosto 2012 al ritorno da un paese - l'Austria - dove ancora c'è una disoccupazione di poco superiore al 4%, affermo che siamo nella fase della Crisi in cui nessuno da nessuna parte nega più che le cose vadano male e che le persone stiano male. 
Si chiude un ciclo di circa quattro anni ed oggi chiunque ammette che "dalla Crisi non si esce come vi si è entrati", nasce una consapevolezza di cambiamento, che permette - teoricamente - a tutti di rappresentarsi un futuro nuovo, senza crescita locale ne' globale, e di riprogettare di conseguenza la propria attività professionale e la propria vita per continuare ad esistere... 
Ma c'è un problema: questa crisi cambia definizione e caratteristiche "da sola" e diventa pian piano una crisi in cui si esce solo da morti. La Crisi sembra aver purtroppo attivato una seconda, tragica, velocità. Il passo successivo è che le cose che andavano male peggioreranno e le persone che stavano male staranno peggio: le banche che stringevano il credito falliranno, le aziende sull'orlo del baratro chiuderanno, il vicino che si lamentava a parole vi aggredirà a schiaffi, i matrimoni fragili diventeranno divorzi, i depressi gravi passeranno all'atto suicida... Il quadro sociale si annerirà e sarà alla base di nuovi problemi dovuti all'ulteriore atomizzazione delle forze umane in gioco, cosiccome le particelle di anidride carbonica emesse in aria per produrre energia al suolo, le forze e le vite dei singoli individui senza azienda, senza partito, senza famiglia, finiranno in un brodo entropico da cui riattingere energie sarà sempre più impossibile. 

Riparte proprio in questo momento un nuovo ciclo di mesi, o anni, in cui durante l'ulteriore peggioramento si negherà il deterioriarsi della situazione e quando infine ci si ritroverà tutti, a fine ciclo (2015? 2016?), ad aver riconosciuto che tutto è peggiorato di nuovo, la crisi sarà già passata alla terza velocità ed il ciclo ricomincia fino a che la causa scatenante della Crisi sarà eliminata. 
Attenzione all'uso che faccio dei tempi verbali,  il futuro anteriore infatti ci gioca uno scherzo di realismo terribile: mentre ci accorgiamo del problema esso si è aggravato, come batteri nel vetrino sigillato ci moltiplichiamo anche quando la risorsa disponibile è dimezzata ("la tragedia dei commons"), quando ci va bene ci cannibalizziamo, tanto a lungo termine finiamo morti tutti quanti. 
Quando ci accorgeremo (ecco il futuro semplice) dei nuovi parametri in gioco, la soluzione della Crisi si sarà spostata (ecco il futuro anteriore che ci avrà fregati...) a livelli di conoscenza e consapevolezza superiori... ma avremo consumato altra energia di cui non disporremmo al ciclo successivo: la soluzione si farà tanto lontana che la parola "soluzione" potrà scomparire dalla lingua già tra poche generazioni. 
Nessuno pare quindi possa salvarsi sul lungo termine. Ma la bruttissima notizia in tutto questo è che la causa della Crisi è appunto l'abbondanza di energia: la Crisi finirà quando sarà finita l'energia, niente di più semplice. Ma l'utilizzatore di energia sarà scomparso, o fortemente ridimensionato in termini demografici, molto prima che l'energia venga a mancare. La Crisi che viviamo è nata con la nascita del capitale strutturato e dei servizi associati, si è aggravata con la seconda rivoluzione industriale, la creazione di una élite di gestori del capitale e di controllori delle leggi a sua difesa, ha avuto il colpo di grazia con la finanziarizzazione intera della realtà e l'ipoteca dell'intero mondo vegetale ed animale asservito al profitto o al sollazzo umano. La botta finale è stata la "rivoluzione petrolitica" di meno di un secolo fa ed il modello americano come obiettivo di vita anche per l'ultimo aborigeno australiano che vuole un lavoro, un'auto, una casa e fare delle vacanze in volo low cost, esattamente come l'indiano della riserva Cheyenne ed il pastore nomade della Mongolia. 
Da un certo punto della storia, capitalizzare la distruzione dell'attorno è diventato il pilone portante di tutte le società, mangiare il corpo del pianeta Terra come un immenso Corpus Christi è divenuta la Legge Suprema stampata su tutte le banconote del mondo, prima, e sugli ologrammi delle carte di credito, più tardi. 
Forse forse, si è già salvato e si salverà solo chi oggi riesce a continuare ad avere una vita sociale usando la quantità di energia disponibile nel 1820. Ma a termine non potrà sopravvivere in alcun modo l'equivalente della metà degli abitanti del pianeta Terra di quell'epoca: erano 1 miliardo, non usciremo dalla Crisi che quando saremo al massimo 500 milioni e da tempo i rubinetti saranno a secco, le pipeline del gas saranno cunicoli in rovina, i tralicci non trasporteranno più elettricità da decenni, le terre non daranno più raccolti... 
La strategia per i singoli umani è una sola: vogliate e sappiate vivere, in mezzo agli altri, con sempre meno risorse ed energia a disposizione rispetto ai vostri padri e questo insegnate ai vostri figli. 
Oggi potete consumare 400? Scegliete di consumare 50, apprendete la nuova vita prima che essa vi riservi "solo" 100.

*Estonia, Lettonia, Finlandia, Danimarca, Slovacchia, Austria, Slovenia, Svizzera, Germania e Italia (più Francia, dove vivo)
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