28.1.11

Orti ed ortolani contro l'Inferno

"L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio."
da Italo Calvino, "Le città invisibili", Einaudi (1972)

Sono anni che queste righe abitano in me e col tempo si sono foderate di un pensiero fisso: che questi chi e cosa a cui Calvino si riferisce come "non inferno", e che bisogna far durare e a cui dar spazio, beh per me non possono essere altro che i luoghi e le persone della produzione del cibo.
Non trovo altra soluzione. Un primordiale Giardino di Eden è sempre anche debolmente presente e richiede spazio, attenzione e cura; sono quei ciuffi di verde che sollevano i nostri marciapiedi o i ruderi urbani: non attendono che di ricoprire tutti i misfatti ed il brutto e quando avranno finito l'opera copriranno anche le cose belle e saranno la giusta prateria sulle ceneri di chi abbiamo amato.

(in foto, Detroit : esperienze di urban farming)
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1 commento:

  1. E' forse il brano più bello di Calvino...

    Ma nel tuo Eden, c'è spazio anche per i gatti?

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