5.2.11

Il Polo Nord a Chicago

Dopo la storica tormenta dei giorni scorsi, Chicago e parte del Nord-Est americano resteranno ancora a lungo in una morsa di gelo con massime mai superiori a -3°C e minime a -22°C, con temperatura realmente percepita oltre i -30°C a causa dei venti settentrionali. Sono le stesse condizioni meteo che avreste sul Monte Rosa proprio nel mese di gennaio (quando proprio fa freddo che anche gli alpinisti più spericolati rimandano), ma a Chicago per un'altra settimana almeno i balconi ed i davanzali saranno tanti Cervino e Monte Bianco. Finita l'ondata di gelo, di nuovo saranno sotto altra neve, guardando alcune carte meteo pare che il super-inverno durerà fino a metà marzo, comunque con temperature costantemente sotto la media.
I consumi per riscaldamento alla fine dell'inverno per tutti gli Stati Uniti risulteranno pari ad almeno due volte la media degli ultimi trent'anni.
E' come se sia apparso un secondo continente nordamericano da riscaldare. O come se invece di 300 e passa milioni, *puff* negli States vivessero in 600 milioni ma con un clima nella media...
Pensieri fastidiosi.
Potrebbe andare peggio? Certo, perchè è in gran parte con l'importazione dall'estero che si scaldano dalle parti di Chicago, il Canada aiuta infatti i vicini sudisti e vede i proprii stock scendere verticalmente, senza la possibilità istantanea ne' di aumentare rapidamente i prezzi e nemmeno di aumentare la produzione (alcuni impianti hanno addirittura chiuso a causa dello stesso freddo che ha colpito gli States, in ogni caso pare producano al massimo e che parte del gas "ad uso interno canadese" sia deviato dal gestore verso gli americani, che hanno più freddo e pagano di più dei canadesi).

Ad oggi, 5 febbraio 2011, gli abitanti di Chicago e zone limitrofe stanno battendo record di consumo di gas ed elettricità giorno dopo giorno; per dare un ordine di grandezza del consumo di gas naturale, viste le temperature esterne di -17 °C medi notturni per almeno una settimana, molto inferiori alla media, per avere 19°C nelle abitazioni si consumerà fino a quattro volte di più rispetto ad un normale giorno d'inverno: in certi quartieri, soprattutto con immobili a bassa performance energetica, due/tre gradi esterni in meno significano il puro raddoppio del consumo in termini di kWh equivalenti (sia riscaldamento a gas che elettrico).
C'è chi chiede una legge d'emergenza che fissi il tetto di riscaldamento a 18°C, chi propone un taglio di forniture di gas alle zone centrali degli USA (già successo in New Mexico ieri per 30mila famiglie) o addirittura un aumento del prezzo "d'ufficio" del 20% per far risparmiare prodotto o forse per tagliar fuori le utenze morose, e da subito.

Ma è solo una bolla di clima gelido che dovrebbe essere 2500 km più a Nord, accaduto migliaia di volte nel passato. Purtroppo gran parte delle abitazioni son concepite per un "weather as usual". Prima dell'avvento del carbone e delle macchine a vapore, a Chicago abitavano un centinaio di tribù indiane, che se era freddo si spostavano. Nell'area di Chicago, che in inglese è "Chicagoland", nel petrolitico (che va anche a nucleare, idroelettrico, etc ma non basta) oggi vivono dieci milioni di abitabti e non si muore di freddo ed in massa, perchè il Canada è attualmente il maggior produttore di gas naturale del continente americano e tra i maggiori al mondo ed è in grado di far fronte all'emergenza.

Anche questo è il petrolitico: in una sola settimana si bruciano in un'area metropolitana riserve di gas naturale create in 350 milioni di anni di "compostaggio sotterraneo" di miliardi di piante. E mentre si bruciano milioni di metri cubi di gas, si brucia il denaro usato per produrre ed acquistare, del quale resta un magro profitto sotto forma di dato numerico in qualche computer, che sarà redistribuito con sistemi che solo in parte garantiranno di trovare altro gas, ma in gran parte serviranno solo a consumare più in fretta il restante. Ed in tutto il contesto, parte di questo bruciato finisce, in negativo, ad ingrossare ulteriormente il debito pubblico americano e quindi mondiale, altra fonte di distruzione di ricchezza-lavoro.

Quel che pazientemente è stato stoccato da noi umani come sudati risparmi o laggiù da "metamorfosi fossile", viene di botto riversato in una atmosfera satura di gas serra. Ci vorranno di nuovo i millenni per riportare a terra tutti questi atomi di carbonio che mandiamo a calci in culo per aria. E a calci in culo le nostre paghe, che giriamo in toto a lor signori del gas.
Ma ne valeva la pena? Non c'era scelta?
Chi vivrà (o sopravviverà), vedrà.

3 commenti:

  1. Cosa intendi con un "paio di generazioni"? Diciamo 50 anni? E' un tempo medio-lungo se paragonato alla vita media di una persona.
    Comunque un po' invidio gli americani per questi loro inverni rigidi; mentre scrivo a Biella (nord Italia non sicilia) ci sono 17 °C! Altro che pieno inverno.

    Se fossero furbi dalla prossima primavera negli USA dovremmo assistere all'impennata di richieste per coibentazioni e doppi vetri, in previsione di altri inverni simili. Quasi quasi ci si dovrebbe fare un pensierino come investimento di capitale.

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  2. Bene a farmi notare il refuso che ho lasciato dalla bozza del post. Secondo le fonti ufficiali, anche le più ottimistiche, nessuno stato al mondo potrà esportare gas naturale aldilà dei 50 anni (due generazioni), tranne il Qatar che dispone di riserve che vanno più in là nel tempo di qualche anno. Tutto là il discorso, che tuttavia ho rimosso.
    Un nuovo infisso a doppio vetro ben fatto costa almeno 500 $. Sull'area di Chicago, mettiamo di cambiare una finestra per abitante, fa 5 000 000 000 $. Che vanno prodotti con altro consumo di territorio che procurerà altri sbalzi, magari in alto, quando invece del doppio vetro vorrebbero il doppio climatizzatore...

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  3. sono sempre molto interessanti i tuoi post!

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